mercoledì 25 novembre 2009

Retorica...

Oggi è stata la classica giornata retorica.


La classica giornata in cui, davanti ai telegiornali, mi incazzavo (scusate se ho detrto "mi") fino a piangere dalla rabbia, col groppone in gola, la nausea...


La classica giornata in cui mi arrabbio, poi mi fermo a riflettere... e mi arrabbio di più.


Oggi si è parlato di violenza contro le donne. Bene. Bravi. Applausi. Pure perché la violenza alle donne è trasversale, interessa tutto il mondo, dagli stati civilissimi (vedete la Danimarca, dove una donna su tre subisce maltrattamenti), agli stati del Terzo Mondo.


Solo che, e l'ho sentito bene, quando si riportavano esempi di violenza, erano sempre gli stessi.


L'infibulazione (pratica orrenda, e che credo nessuna religione e nessuna cultura dovrebbe giustificare). Lo stalking. Le percosse.


Tutte violenze fisiche, insomma...


...e poi?


Le violenze psicologiche? Quelle di cui tutti, indiscriminatamente, siamo stati colpevoli, una volta o l'altra? Anche se ci riteniamo non violenti? Di quelle non parliamo?


Ah, no... giusto... come fai a quantificarle? Come fai a sapere di essere stata vittima di violenza se tutto quello che ti arriva sono solo parole, anche se sono parole al vetriolo, che corrodono la tua personalità, che deformano la tua volontà, che ti fanno sentire pazza, meschina, inferiore, un verme, sterco...


Come fai a dire di aver subito violenza?


Una mia cugina, per anni, è stata bersagliata da suo fratello e da un amico di famiglia, che come parecchi maschi giovani sono, fondamentalmente, estremamente indelicati, se non cretini. Si è sentita ripetere per anni che era una balena, una vacca, una grassona, detto in tutte le salse, in tutti i modi, con battutine pungenti. Ma era uno scherzo, no?


No.


Ora mia cugina ha un rapporto conflittuale col cibo, è perennemente a dieta, e per fortuna che le piace mangiare se no sarebbe pelle ed ossa, uno scheletro ambulante!


E' violenza anche questa...


Una scrittrice grandiosa, Lucìa Extebarrìa, nel suo libro "Io non soffro per amore" (che consiglierei a chiunque, uomini e donne indiscriminatamente, perché davvero non è rivolto ad una categoria), scrive:


(...) Mi ha stupito parecchio scoprire, qualche mese fa, leggendo una chat del "Mundo" sulla violenza domestica, che molte donne non sapevano neanche dire con sicurezza se venivano o meno maltrattate dal marito. Mi spiego: la chat era condotta da due figure, un'avvocatessa e uno psicologo che scrivevano dalla redazione del giornale e ai quali si poteva mandare domande in tempo reale. Ne hanno effettivamente ricevute parecchie del tipo:


"Il mio compagno ha due facce. Una che mostra quando siamo noi due soli, terribilmente egoista e crudele nei confronti miei e dei miei sentimenti: mi deride, non mi guarda negli occhi quando gli parlo e mi prende in giro. Disprezza il mio lavoro e la mia malattia (ho un tumore benigno). L'altra faccia è quella che mostra quando siamo in pubblico, davanti agli altri o quando parla con i nostri amici: allora diventa il marito fedele e affettuosissimo che non può vivere senza di me e sopporta le mie provocazioni, le mie rispostacce, e frigna quando gli dico di lasciarmi in pace. E il punto è che io perdo la pazienza quando si comporta in questo modo davanti a tutti e, così facendo, mi faccio notare mio malgrado. In privato non rispetta né me né la mia famiglia. Ma sono io quella che si mette a strillare in pubblico, sono io quella che si lamenta di lui continuamente e quella che lo umilia davanti a tutti".


"Mi piacerebbe sapere... se un marito decide di non parlare più alla moglie e di farlo solo quando è strettamente indispensabile e quando lo fa la tratta in modo sgarbato e la maggior parte delle volte la ignora, non la guarda, le passa accanto senza dirle niente, anche se vivono nella stessa casa... Questa si può considerare una violenza psicologica o il sintomo di un'imminente aggressione fisica? O mi sbaglio?"


Ovviamente avevo una gran voglia di entrare nella chat e digitare "Eccome se la puoi considerare una violenza, ma al di là di questo, non ti sembra strano che tu abbia bisogno di una conferma esterna per trovare il coraggio di dirti quello che dovrebbe saltare agli occhi, e soprattutto, per lasciarlo? Non ti sembra di meritare la felicità, di non avere motivo per sopportare i calci che qualcuno ti vuole infliggere con il suo stivale verbale?". Ma poi non sono riuscita a scrivere niente perché ho capito che una persona talmente assoggettata ad un'autorità esterna da non essere in grado di separarsi se prima uno psicologo non avesse avallato la sua decisione non poteva essere in grado di uscire da sola dalla gabbia mentale in cui si era rinchiusa con le sue stesse mani. Perché io stessa ho sperimentato il problema sulla mia pelle, io stessa, in passato, ho perso il controllo sulla mia vita, parecchi amici e un buon numero di convinzioni che credevo inamovibili, la dignità, l'autostima e quasi la vita - perché, ad un certo punto, sono arrivata anche a considerare la morte come una possibilità più accessibile dell'oblio - e non sono guarita, e non credo di poter guarire mai, perché le ferite si rimarginano ma le cicatrici restano, perché ho vissuto due o tre mesi di relativa felicità e una ventina nel caos più assoluto, un'esperienza tanto devastante quanto ingestibile, perché non riuscivo a capire cosa mi stesse succedendo, per quale motivo mi si accusasse di cose che non avevo fatto, per quale motivo mi si negasse all'improvviso tutto quello che poco prima mi era stato chiesto supplicando (la possibilità di vivere insieme, di frequentarsi), per quale motivo fossi diventata di colpo il bersaglio dell'ira, della frustrazione e dell'ostilità di qualcuno, e non avevo idea di cosa potevo ver fatto né, ed era anche peggio, del perché lo sopportavo. Forse per quella che in passato veniva chiamata "mancanza d'orgoglio"£ o quello che gli psichiatri definiscono adesso "predisposizione msochistica", ma che, in ogni caso, consideravo un difetto del mio carattere, qualcosa di cui dovermi vergognare, ragione per cui, alla sofferenza che stavo sperimentando, si aggiungeva una dose extra di dolore: quella del senso di colpa che provavo al pensiero di essere considerata una cretina, perché lo ero davvero.


Quando in una coppia una delle parti approfitta del potere del legame per fare del male all'altra mediante la minaccia dell'abbandono o il ricatto emotivo, non stiamo più parlando d'amore ma di una disfunzione. Quando vengono a mancare l'affetto, il sostegno e il reciproco sostentamento, non stiamo più parlando di una coppia ma di un problema. L'amore di coppia dovrebbe essere fatto di affetto, impegno, fedeltà e progettualità, della cappacità di entrambi i membri di non mettere a repentaglio la relazione discutendo di qualsiasi cosa, della generosità di saper cedere e dare ragione all'altro quando ce l'ha. E, ovviamente, quando uno esautora l'altro, lo insulta, lo umilia, lo prende in giro, in quel caso non ci sono generosità, fedeltà o progettualità per il futuro che tengano. Rimangono solo un essere mediocre, consapevole del proprio grigiore, con un'assoluta mancanza di rigore morale (infatti, una cosa è il perfezionismo e un'altra la mancanza totale di aspirazioni) e un disturbo serio dell'identità che si traduce nell'invidia verso il partner, che viene percepito, o ritenuto con certezza, superiore. E dunque, per compensare il complesso d'inferiorità, l'insoddisfazione occulta ma profonda, cerca di guadagnare potere sul partner per scavalcarlo. E sa che attraverso il controllo può dominarlo e manipolarlo. (...)


Non scrivo oltre, pure se ci sono molte altre analisi corrette che fa. A chi è interessato, ripeto, prendete il libro. Comunque, è un meccanismo che non vige solo nelle coppie... e vorrei che fosse riconosciuto anch'esso come violenza...

Retorica...

Oggi è stata la classica giornata retorica.


La classica giornata in cui, davanti ai telegiornali, mi incazzavo (scusate se ho detrto "mi") fino a piangere dalla rabbia, col groppone in gola, la nausea...


La classica giornata in cui mi arrabbio, poi mi fermo a riflettere... e mi arrabbio di più.


Oggi si è parlato di violenza contro le donne. Bene. Bravi. Applausi. Pure perché la violenza alle donne è trasversale, interessa tutto il mondo, dagli stati civilissimi (vedete la Danimarca, dove una donna su tre subisce maltrattamenti), agli stati del Terzo Mondo.


Solo che, e l'ho sentito bene, quando si riportavano esempi di violenza, erano sempre gli stessi.


L'infibulazione (pratica orrenda, e che credo nessuna religione e nessuna cultura dovrebbe giustificare). Lo stalking. Le percosse.


Tutte violenze fisiche, insomma...


...e poi?


Le violenze psicologiche? Quelle di cui tutti, indiscriminatamente, siamo stati colpevoli, una volta o l'altra? Anche se ci riteniamo non violenti? Di quelle non parliamo?


Ah, no... giusto... come fai a quantificarle? Come fai a sapere di essere stata vittima di violenza se tutto quello che ti arriva sono solo parole, anche se sono parole al vetriolo, che corrodono la tua personalità, che deformano la tua volontà, che ti fanno sentire pazza, meschina, inferiore, un verme, sterco...


Come fai a dire di aver subito violenza?


Una mia cugina, per anni, è stata bersagliata da suo fratello e da un amico di famiglia, che come parecchi maschi giovani sono, fondamentalmente, estremamente indelicati, se non cretini. Si è sentita ripetere per anni che era una balena, una vacca, una grassona, detto in tutte le salse, in tutti i modi, con battutine pungenti. Ma era uno scherzo, no?


No.


Ora mia cugina ha un rapporto conflittuale col cibo, è perennemente a dieta, e per fortuna che le piace mangiare se no sarebbe pelle ed ossa, uno scheletro ambulante!


E' violenza anche questa...


Una scrittrice grandiosa, Lucìa Extebarrìa, nel suo libro "Io non soffro per amore" (che consiglierei a chiunque, uomini e donne indiscriminatamente, perché davvero non è rivolto ad una categoria), scrive:


(...) Mi ha stupito parecchio scoprire, qualche mese fa, leggendo una chat del "Mundo" sulla violenza domestica, che molte donne non sapevano neanche dire con sicurezza se venivano o meno maltrattate dal marito. Mi spiego: la chat era condotta da due figure, un'avvocatessa e uno psicologo che scrivevano dalla redazione del giornale e ai quali si poteva mandare domande in tempo reale. Ne hanno effettivamente ricevute parecchie del tipo:


"Il mio compagno ha due facce. Una che mostra quando siamo noi due soli, terribilmente egoista e crudele nei confronti miei e dei miei sentimenti: mi deride, non mi guarda negli occhi quando gli parlo e mi prende in giro. Disprezza il mio lavoro e la mia malattia (ho un tumore benigno). L'altra faccia è quella che mostra quando siamo in pubblico, davanti agli altri o quando parla con i nostri amici: allora diventa il marito fedele e affettuosissimo che non può vivere senza di me e sopporta le mie provocazioni, le mie rispostacce, e frigna quando gli dico di lasciarmi in pace. E il punto è che io perdo la pazienza quando si comporta in questo modo davanti a tutti e, così facendo, mi faccio notare mio malgrado. In privato non rispetta né me né la mia famiglia. Ma sono io quella che si mette a strillare in pubblico, sono io quella che si lamenta di lui continuamente e quella che lo umilia davanti a tutti".


"Mi piacerebbe sapere... se un marito decide di non parlare più alla moglie e di farlo solo quando è strettamente indispensabile e quando lo fa la tratta in modo sgarbato e la maggior parte delle volte la ignora, non la guarda, le passa accanto senza dirle niente, anche se vivono nella stessa casa... Questa si può considerare una violenza psicologica o il sintomo di un'imminente aggressione fisica? O mi sbaglio?"


Ovviamente avevo una gran voglia di entrare nella chat e digitare "Eccome se la puoi considerare una violenza, ma al di là di questo, non ti sembra strano che tu abbia bisogno di una conferma esterna per trovare il coraggio di dirti quello che dovrebbe saltare agli occhi, e soprattutto, per lasciarlo? Non ti sembra di meritare la felicità, di non avere motivo per sopportare i calci che qualcuno ti vuole infliggere con il suo stivale verbale?". Ma poi non sono riuscita a scrivere niente perché ho capito che una persona talmente assoggettata ad un'autorità esterna da non essere in grado di separarsi se prima uno psicologo non avesse avallato la sua decisione non poteva essere in grado di uscire da sola dalla gabbia mentale in cui si era rinchiusa con le sue stesse mani. Perché io stessa ho sperimentato il problema sulla mia pelle, io stessa, in passato, ho perso il controllo sulla mia vita, parecchi amici e un buon numero di convinzioni che credevo inamovibili, la dignità, l'autostima e quasi la vita - perché, ad un certo punto, sono arrivata anche a considerare la morte come una possibilità più accessibile dell'oblio - e non sono guarita, e non credo di poter guarire mai, perché le ferite si rimarginano ma le cicatrici restano, perché ho vissuto due o tre mesi di relativa felicità e una ventina nel caos più assoluto, un'esperienza tanto devastante quanto ingestibile, perché non riuscivo a capire cosa mi stesse succedendo, per quale motivo mi si accusasse di cose che non avevo fatto, per quale motivo mi si negasse all'improvviso tutto quello che poco prima mi era stato chiesto supplicando (la possibilità di vivere insieme, di frequentarsi), per quale motivo fossi diventata di colpo il bersaglio dell'ira, della frustrazione e dell'ostilità di qualcuno, e non avevo idea di cosa potevo ver fatto né, ed era anche peggio, del perché lo sopportavo. Forse per quella che in passato veniva chiamata "mancanza d'orgoglio"£ o quello che gli psichiatri definiscono adesso "predisposizione msochistica", ma che, in ogni caso, consideravo un difetto del mio carattere, qualcosa di cui dovermi vergognare, ragione per cui, alla sofferenza che stavo sperimentando, si aggiungeva una dose extra di dolore: quella del senso di colpa che provavo al pensiero di essere considerata una cretina, perché lo ero davvero.


Quando in una coppia una delle parti approfitta del potere del legame per fare del male all'altra mediante la minaccia dell'abbandono o il ricatto emotivo, non stiamo più parlando d'amore ma di una disfunzione. Quando vengono a mancare l'affetto, il sostegno e il reciproco sostentamento, non stiamo più parlando di una coppia ma di un problema. L'amore di coppia dovrebbe essere fatto di affetto, impegno, fedeltà e progettualità, della cappacità di entrambi i membri di non mettere a repentaglio la relazione discutendo di qualsiasi cosa, della generosità di saper cedere e dare ragione all'altro quando ce l'ha. E, ovviamente, quando uno esautora l'altro, lo insulta, lo umilia, lo prende in giro, in quel caso non ci sono generosità, fedeltà o progettualità per il futuro che tengano. Rimangono solo un essere mediocre, consapevole del proprio grigiore, con un'assoluta mancanza di rigore morale (infatti, una cosa è il perfezionismo e un'altra la mancanza totale di aspirazioni) e un disturbo serio dell'identità che si traduce nell'invidia verso il partner, che viene percepito, o ritenuto con certezza, superiore. E dunque, per compensare il complesso d'inferiorità, l'insoddisfazione occulta ma profonda, cerca di guadagnare potere sul partner per scavalcarlo. E sa che attraverso il controllo può dominarlo e manipolarlo. (...)


Non scrivo oltre, pure se ci sono molte altre analisi corrette che fa. A chi è interessato, ripeto, prendete il libro. Comunque, è un meccanismo che non vige solo nelle coppie... e vorrei che fosse riconosciuto anch'esso come violenza...

giovedì 12 novembre 2009

Bilancio iniziale...

Ho deciso che voglio fare un primo bilancio dell'anno 2009. Un mese abbondante in anticipo, lo so, però voglio memorizzare i momenti che mi sono piaciuti, così questo mese che verrà potrà sorprendermi! 



  • Mi sono laureata. Sembra uno scherzo, ma non lo è. Questo blog è nato che stavo sotto tesi, e chi lo segue dall'inizio lo sa. Ne stavo uscendo pazza... invece ne sono uscita sana (se così si può dire), ed ho avuto l'appoggio e l'aiuto di danzatrici fantastiche, da tutto il mondo - o quasi.

  • Ho cominciato a lavorare. A domicilio, lavoro precario perché richiesta-dipendente, con prezzi che mi farebbero radiare dall'albo perché "ingiustamente competitivi" (maledetta insicurezza...), però cacchio, è un lavoro, e di questi tempi è meglio dell'oro puro!

  • Ho conosciuto dal vivo Andrew e Desa, ed è stato un piacere enorme!!!!!!!!!!!

  • Ho mollato danza... ma non del tutto. Ho già deciso che quanto prima mi informerò sui corsi di Nura - alias Fabiana Magrelli - per riprendere. Lei ha un curriculum di tutto rispetto, è riconosciuta dal CONI, insegna anche alle insegnanti, ed ha al suo attivo uno dei più bei testi sulla danza del ventre che abbia mai letto (e credo di averne letti un bel po'!). Quindi, mi ispira fiducia. Poi, ovviamente, dovrò vedere come la sento a livello umano...

  • Mi sono sempre più specializzata nella produzione di vestiti Lo so, è da una vita che mi vanto di questo e ancora non ne avete le prove... ma prometto che provvederò!!!!!!!!

  • Mi ha contattata - di sua sponte - una professionista, Shakty Shala... e ancora non ci credo!!!!!

  • Sto imparando a fare trucchetti di magia che forse per i più - almeno, i più addentro all'argomento - sono banali, ma per me che sono anche una witch-beginner, oltre che una bellybeginner, è tanto!!!!


E poi... e poi...
Micro-classifica del 2009?
Il film più bello visto al cinema: Motel Woodstock


 


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Horror (amatoriale) più bello: Torvajanica House of Horror ^^


 


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Canzone dell'anno (anche solo per il fatto che a furia di cantarla ho memorizzato le parole): White Rabbit dei Jefferson Airplane



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E per finire... il mio amato Rabih Abou-Khalil, che sono riuscita a vedere dal vivo ^^


 


[youtube http://www.youtube.com/watch?v=zHmnjJJ_5No&hl=it_IT&fs=1&rel=0&color1=0xe1600f&color2=0xfebd01&border=1]


Direi che come bilancio annuale non è male... solo... ora voglio ancora di più!!!!!!!!!

mercoledì 4 novembre 2009

AAAAAAAAAAAAAAARRRRRRRRRRRRRRRGGGGGGGGGGGGGGGGGGHHHHHHHHHHHHHHHHHHHH!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

GGGGGGGGGGGGGGGRRRRRRRRRRRRRRRR!!!!!!!!!


Ok, datemi un attimo. Sto esplodendo, e rischio di andare in iperpnea.


Inspira. Espira. Lentamente.


Mi ritrovo a seguire le direttive che do ai miei pazienti. E non per fisioterapia, o per superare qualcosa di doloroso.


Per rabbia!


La Squala ha sparato un'altra ca##ata delle sue, e scusate se ho detto "ha sparato".


Per lei, il paganesimo non è una religione.


Ah, davvero? E allora cosa sarebbe? La favola della buona notte del coniglio pasquale? O i suoi neuroni che si sono bruciati definitivamente?


Tutto è nato - as usual, direi - da una classica discussione fra di noi. Ovvero:


Crocifisso nelle scuole. Sì o no?


Vi lascio immaginare la mia posizione... La sua è che è "tradizione", una cosa per mantenere il credo, quindi toglierlo è sbagliato (ma lei contesta anche il fatto che a scuola non si faccia più il presepe a natale...).


Beh, la discussione si è fatta accesa, e lei diceva "Stiamo togliendo le nostre festività religiose tradizionali per metterne altre, come halloween".


Al che le ho detto che halloween è sì una gran cavolata, ma che una base religiosa ce l'ha. E lei:


"Ma quale base religiosa, era una festa pagana, IL PAGANESIMO NON E' UNA RELIGIONE".


Mi stavo alzando da tavola. Giuro, avevo il voltastomaco. Ho mangiato il minimo indispensabile (pure perché se no mi fa storie anche per quello), poi sono venuta qui a sfogarmi.


Suppongo che dopo questo post, qualche simpatico passante della rete mi dirà che devo essere mandata al rogo.


Bene, ecco il mio punto di vista: i miei si sono sposati in chiesa, mia madre crede, mio padre no, ed ha dovuto firmare un pezzo di carta in cui dichiarava che non avrebbe interferito con l'educazione religiosa (ovviamente cattolica) di eventuali figli. Io ho fatto l'asilo, la primina e le elementari dalle suore, e credevo così tanto - o meglio, mi avevano fatto il lavaggio del cervello così bene - che mia sorella diceva che mi sarei fatta suora anch'io. Alle medie, ancora molta religiosità, ma ero scettica nei confronti del diavolo. Al liceo, ho cominciato a pormi dei dubbi sul fatto che ogni religione afferma di essere quella vera, e che i credenti di altri culti verranno comunque puniti, ma anche sul fatto che non vedevo buoni cristiani, ma solo buoni predicatori e pessimi razzolatori. A 16 anni, alla morte del mio miglior amico, dopo aver pianto il piangibile, mi sono detta che una religione che dice che la vita vera è solo dopo la morte non fa per me, e sono diventata agnostica. A 18 anni ho smesso di andare in chiesa anche come facciata, e questo mi è costato anni di battaglie con la Squala, che credeva - e tuttora crede - che rinunciare ad un culto inculcato a forza di precetti e mai realmente sentito sia una questione di comodo. Comunque, avevo trovato una mia forma di spiritualità, puramente naturale. A 20 anni ho cominciato ad interessarmi sul serio a magia, quindi ad accostarmi al mondo pagano. Adesso, che di anni ne ho quasi 27, so di essere una pagana, anomala quanto vi pare visto che non sono una wiccan né una seguace assolutista del culto del principio femminile, e di non avere libertà di culto perché mi si dice che l'Italia è un paese cattolico.


Non voglio il giorno dell'orgoglio pagano, non voglio spiattellare i fatti miei in faccia a tutti (ora lo sto facendo, obietterete, ma questo si chiama sfogo, perché se non mi tolgo questo mattone dallo stomaco non respiro più), vorrei che mia madre mi prendesse per quello che sono, senza cercare di schiacciarmi sotto i suoi luoghi comuni che lei è convinta siano sane tradizioni.


Non sa neanche che sono pagana, perché non ho il coraggio di dirglielo... vi sembra normale? Mi trova anomala perché l'immagine del Cristo crocifisso, contorto negli spasmi della morte, per me è un'immagine raccapricciante, che non ha nulla dell'amore (ma anche gli altri santi, chi col cuore in mano, chi trafitto da frecce, chi arrostito sulla graticola, chi senz'occhi, fanno un immaginario che altro che halloween).


Adesso, io non so se è giusto che io desideri essere accettata - che brutto termine, mi fa pensare alla tolleranza forzata... - dalla Squala... però cacchio, vorrei essere me stessa... sarà pure possibile?


Abbraccia_il_sole


L'immagine l'ho trovata con google, e per me rappresenta meglio l'amore.


Non ne sono la proprietaria, né voglio arrogarmi dei diritti su di essa.

martedì 3 novembre 2009

Pouring down

Oggi, in treno, mi stavo domandando se per caso esista un sistema di divinazione basato sui disegni che crea l'acqua colando giù dall'ombrello... certo, pensandoci in treno, dove la base su cui si spande non è ferma, le forme subiscono le variabili di frenate e partenze... però, in generale, l'acqua che si allarga dall'ombrello mi affascina. Un po' meno il mio ombrello, storto dai colpi che si è preso tra porte e grate, ed in cui filtra l'acqua...


Sono due giorni in cui il meteo dice una cosa, e se ne verifica un'altra. Ieri mi sono dovuta scapicollare a casa per ritirare il bucato che i miei, speranzosi, avevano steso fuori ("tanto dovrebbe piovere nel pomeriggio..."... illusi...), ed al ritorno da scuola guida, visto che indossavo le scarpe con le impunture, avevo i piedi fradici... oggi, scena analoga, con i miei che stendono il bucato fuori ("tanto oggi sarà bel tempo!"), e la sottoscritta costretta a recuperare lenzuola fradicie di pioggia ASAP... però oggi sono uscita con scarpe diverse... almeno l'esperienza del piede pucciato me la sono risparmiata...


Adoro la pioggia. Ma per me perde troppo significato quando sono di corsa, che non posso fermarmi ad apprezzare i particolari... tipo, che so, le foglie di banano viste da sotto, con tutte le goccioline... le gocce che cadono tutte insieme quando si cammina sotto un albero mosso dal vento... i colori, le forme, l'aria stessa vengono lavati... l'unica cosa brutta è la strada, che si riempie di fanghiglia, foglie scivolosissime, liquami annacquati e chi più ne ha più ne metta. Forse è anche per questo che non amo associare pioggia e fretta: già normalmente ho l'equilibrio di un'anatra ubriaca (pur essendo sempre sobria, di mio), se si aggiunge la scivolosità stradale è un cocktail esplosivo...


Insomma, comunque... dopo aver fatto del ritiro del bucato in extremis un hobby e della pluviomanzia itinerante un'arte in sviluppo, ho pensato che potesse essere carino pubblicare sul blog le mie riflessioni del caso... magari riuscirò a scocciare i lettori quel tanto che basterà da farmi tirare addosso una secchiata d'acqua... rigorosamente piovana, please!