E la mia ordalia era passata, in effetti abbastanza bene.
Ovvio, contavo i giorni. Ovvio, ero tesa. Ma ero piuttosto soddisfatta di me, di come avevo gestito la cosa.
Una lettera. Le sorelle Bronte sarebbero state orgogliose di me. Demodé fino all'ultimo...
L'attesa è stata la parte più penosa, sinceramente. Più che altro perché, non avendo dato scadenze, mi sono ritrovata con un mare di giorni che mi si aprivano davanti, e nessuna certezza di risposta. Cercavo di non pensarci, ma inevitabilmente i miei pensieri prendevano quella direzione, e se possibile anche le pieghe peggiori, dentro la mia testa.
Ho cercato di rimanere ferma nel mio essere distante. Non volevo opprimere. Mi sono fatta viva giustio per gli auguri di natale, il 24, e per la situazione che mi è stata rivelata (che andrà classificata sotto "sfiga natalizia", e nulla più).
Desiderio represso di farmi più viva.
Desiderio represso di sollecitare una risposta.
Avevo pure messo un reminder sul telefono, per consolarmi con una scadenza più che per altro, alla mattina di oggi, per chiedergli se aveva avuto modo di pensare.
Poi, io stessa cercavo di distrarmi.
Ieri sera, stanca sfranta e cotta dopo una giornata di duro lavoro al Mercato ed un brutto attacco di tachicardia, stavo scambiando messaggi con Bodhisattva circa capodanno e le musiche su cui danzerò, ed è stato con distrazione che ho preso il cellulare all'ennesimo segnale.
Vedere il nome del mittente mi ha fatto mancare diversi battiti, però.
Tranquilla che non mi sono scordato di risponderti.
I can endure the wait a bit more, now... I believe I can...
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