mercoledì 13 ottobre 2010

Tante teste, tanti stili

Il CONI cerca, in tutti i modi, di classificare la Danza del Ventre, così come ha fatto con altri stili di danze. Da una parte, devo dire che è un intento lodevole... dall'altra, credo si possa considerare pressoché vano. Se varie danze sono codificabili, tipo gli standard, i latini, i lisci e compagnia, certe altre sfuggono a questa catalogazione, e questo è valido per la hula, per le danze tribali, e per la Danza del Ventre. C'è poco da fare.


La danza del ventre possiede già di suo un'infinità di stili. Basta pensare al Baladi, al Saidi, alla Raqs Sharqi, alla danza con la melaya, allo stile cabaret (quello che si vede in televisione...), poi il Tribal Fusion e l'ATS... poi, ciascuno può interpretarla come vuole... c'è chi l'ha resa metallara, chi gotica, chi ha danzato sopra a Mozart... e chi più ne ha più ne metta... se poi si considera che, volenti o nolenti, NON esistono nomi per i vari passi, quindi ogni cosa viene chiamata in un modo diverso da insegnante ad insegnante, né esistono veri nomi per gli stili (per dire, Baladi vuol dire "del popolo"... ma non è uno stile popolare!), questa del CONI è una specie di Mission Impossible senza nemmeno Tom Cruise...


Secondo me, la vera strategia è vedere tutto, provare tutto, studiare con tanti insegnanti (sì, tanti... pure gli uomini danzano... non lo sapevate???), ed alla fine creare il proprio stile. Io, per esempio, so che potenzialmente farei una danza piuttosto ibrida, visti quanti generi musicali mi piacciono... però, ovvio, prima dovrò studiare ben bene!


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